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Io prostituta abito i sogni dei vostri mariti
Martedì 03.02.2009
a cura di Valeria Chierichetti
Tutto ha inizio con un autobus che si ferma di fronte a un topless bar. Angela ha bisogno di soldi e lì capisce all'istante che il suo corpo può essere la sua ricchezza. Così diventa Blueangy, la escort più famosa d'Italia. Lavora tra Roma, Londra e Parigi. Frequenta uomini facoltosi. Conosce il lusso. Fa la bella vita. Dopo tanta miseria, si sente finalmente felice. Ma le resta un rimpianto: sua figlia preferisce Angela
La luce sta filtrando dalle persiane. Apro gli occhi. Una bella giornata anche oggi. È sempre un buon inizio. Ma dove sono? Luna e Sole, i miei gatti, si accoccolano vicino a me. Sono a casa mia, certo. Una volta, invece, quando mi svegliavo mi smarrivo, facevo fatica a riannodare i fili con la realtà. Ero sempre in viaggio. Mi spostavo in continuazione per raggiungere gli uomini che mi volevano. A Londra, Parigi, Roma. Ora ho deciso di rallentare un po'. Guadagno meno, ma la qualità della vita è migliorata. Mi allungo nel letto. Mi alzo. Preparo il caffè. Leggo i giornali, voglio tenermi aggiornata. Il cervello va alimentato, curato come il corpo. Non basta sfinirsi in palestra come faccio quattro volte alla settimana. Un corpo senza anima non vale nulla. Perché il sesso non è nulla se non c’è la testa. È la testa, è quello che sei o sei stata, che lo rende qualcosa di speciale. Non è una prestazione, punto. Se ci metti dell’altro diventa erotismo. E io divento Blueangy: guêpière e tacchi alti, al vostro servizio. Attraversando la stanza incrocio la foto di Renata, mia figlia. Che cosa starà facendo in questo momento? Probabilmente sarà in università. Studia letteratura a Budapest. Siamo attaccatissime, ma c'è una ferita tra noi, una distanza che non si ricuce. «Io amo Angela» mi ha detto una volta. «Non accetto Blueangy». Le avevo detto la verità. Chi sono. Cosa sono. Una prostituta. A cinque stelle sì, ma sempre una prostituta. La sincerità purtroppo fa male, è un taglio nel vetro. Ma è necessaria. Non avrei mai potuto mentirle, anche se sapevo che l'avrebbe presa male. Però i soldi con cui la mantengo arrivano da Blueangy. E lei li prende. Forse è questo che le brucia di più, non poter fare a meno di me. Forse vorrebbe una madre diversa. Ma io sono questa, lo deve accettare. Le circostanze della vita mi hanno portato a fare questa scelta. Ci sono attenuanti? Credo di sì. Si fa presto a giudicare. Vorrei che un giorno Renata cambiasse idea su di me. Oltre al suo amore, vorrei la sua stima.
A 16 anni ero gia incinta
D'altra parte Angela non è morta. C'è sempre stata e ci sarà sempre. Senza di lei, Blueangy non esisterebbe. E viceversa. Dentro di me ci sono l'una e l'altra. Quella che ha conosciuto la miseria, lo squallore, la solitudine. E quella che ha viaggiato in Bentley e girato la Costa Azzurra a bordo di uno yacht. Io, Angela, sono nata in una piccola cittadina ungherese. Ed è la solita triste storia di tante ragazze dell'Est. Un padre che affoga la sua depressione nell'alcol. Una madre seriamente malata di mente. Siamo poveri, poverissimi. Non ho ricordi di una famiglia riunita a tavola, neppure la domenica. Sono una bambina terribilmente sola. Ma che ferocemente continua a credere nella famiglia. A mia madre voglio molto bene, per me è importante come l'aria che respiro. Per lei non è così. Mi insulta. È gelosa della mla bellezza.
Mi respinge. E anche lei beve, come mio padre. Un giorno, avrò avuto 10 anni, la vedo attaccarsi alla bottiglia e poi buttar giù delle pastiglie. «Mamma no, fermati» le urlo. «Lasciami fare quello che voglio» mi dice con la voce impastata dall'alcol e mi afferra per capelli, mi trascina per tutta la stanza e io non ho più lacrime, non ho più voce, non replico più. A 14 anni uno spiraglio di luce. Incontro un ragazzo. Lui ne ha diciotto e mi corteggia. È il mio primo amore. Forse non è nemmeno amore, forse è solo un'infatuazione, eravamo così giovani, ma mi basta per darmi speranza, per aprire uno spiraglio nel nero pece che è la mia vita. È lui il primo uomo della mia vita. E un giorno rimango incinta. All'inizio non capisco. Vado da un ginecologo. Mi dice che è solo una cisti. Mentre mi rivesto, si affaccia da sopra il paravento e mi ripete: «Ma come sei bella, come sei bella». Comincio a rendermi conto che è uno sguardo pesante quello degli uomini su di me. Vado da un altro medico. È una donna. «Sei incinta, al terzo mese, ma non te ne eri accorta?». Il mondo mi crolla addosso. Ho solo sedici anni. «Il bambino lo teniamo, io mi metto a lavorare, ci arrangiamo» mi tranquillizza il mio ragazzo con uno sguardo che sorride. Mi fido. Ci sposiamo. Io vado a vivere da lui. Ha una bellissima casa in campagna. E una famiglia. Sono felice. Finalmente ho trovato un porto sicuro, il mio sogno si realizza. In realtà lui non si mette a lavorare. Gioca a calcio. Passa le sue giornate a fare niente. Lì nessuno lavora. Sono io che tengo in ordine la casa, che mi sfinisco sui pavimenti, ma sono forte, sono sana, il bambino non ne soffrirà, penso sempre. Poi mi cerco anche un lavoro fuori. Per avere il sussidio dello Stato dopo il parto. Trovo una latteria. È a 13 chilometri da casa. Mi alzo alle quattro per essere lì alle sei di mattina. Ma il mio primo stipendio è una fellcità assoluta. Mai più provata. Non tengo nulla per me. Compro da mangiare per tutti. Imbandisco la tavola con tante cose buone. Poi il proprietario della latteria una sera mi spinge contro il muro. «Bene, adesso facciamo l'amore io e te, altrimenti ti licenzio».
Soldi, lusso, eleganza. È questa l'Italia?
Cambio lavoro. Mio marito continua a oziare tutto il giorno. Mi vede uscire con il buio, nel gelo, e io non ho gli stivali, non ci sono i soldi per comprarli. È questo l'amore? Non mi rispondo, non voglio andare a fondo. Nasce Renata, una bambina bellissima. Mio marito parte per il militare. Quando ritorna, finalmente, si decide a far qualcosa. Trova un impiego come cuoco in un grande albergo, mentre io mi rompo la schiena in fabbrica. Due turni, dalle 6 alle 2 del pomeriggio e poi un altro fino alle dieci di sera. Renata va già all'asilo. Abitiamo in un appartamentino fuori Budapest. Non è male. Ma ogni inverno è un dramma, non abbiamo i soldi nemmeno per comprare un cappotto alla bambina. Lui inizia a bere e comincia ad andare con altre donne. I soldi di nuovo non bastano più. «Vado a Budapest, magari mi prendono per fare la modella» gli dico un giorno. Malgrado mi ammazzi di lavoro, sono ancora bella. Lui acconsente. Prendo l'autobus. Che casualmente si ferma davanti all'insegna di un topless bar. «Ho bisogno di lavorare» spiego al proprietario. «Spogliati, sali su quel tavolo, vediamo cosa sai fare». Mi metto a ballare a seno nudo. E lui mi assume. Inizio a guadagnare molto, ma
a casa tutti credono che faccia la modella. Mio marito non si chiede come mai sto fuori fino alle tre di notte. È questo l'amore? Di nuovo, non ho tempo per darmi una risposta, devo solo pensare a come guadagnare di più. Trovo un ingaggio per un night club italiano. Insieme all'impresario e ad altre tre ragazze finisco a Montecatini. E lì trovo un altro mondo. Lusso. Ricchezza. Belle donne. Tutte elegantissime. Un confronto che mi schiaccia. In Occidente si vive così? Comincio il mio lavoro al night. Dopo poco incontro un uomo. Si chiama Alessandro e diventerà il mio secondo marito. È ricco ma ha le mani bucate. Mi preleva dal night. Per regolarizzare la mia situazione di immigrata mi propone di sposarlo, di fare venire Renata a vivere con noi. Una nuova famiglia, come sono felice! Ci metto poco, però, a capire che in realtà lui non mi ama. Ama il bello e io sono una cosa bella da esibire. «Mettiti i tacchi alti, aumenta la scollatura» mi dice sempre quando usciamo. Non importa. Meglio dell'autobus alle quattro del mattino nell'aria gelata. Mio marito non si fida di me, non mi dà un soldo, gestisce tutto lui, anche la spesa. Pazienza, anche questo non importa. Meglio del topless bar. A volte m'insulta, mi picchia: «Tanto resti sempre quello che sei, ti ho raccattato al night» dice. Chiudo gli occhi e continuo a ripetermi "non importa, non importa". Vuole bene alla mia bambina. Poi però lui comincia a bere. Sì, anche lui. E, allora, un'altra porta si chiude.
Dopo il night, il mio primo cliente
Quando lascio Alessandro, Renata decide di tornare in Ungheria, da suo padre. Ha solo nove anni. Meglio così, mi dico, farò più in fretta a rimettermi in sesto.
La mia terza vita ricomincia in un night di Pescara. Devo intrattenere i clienti, farli bere soprattutto. E devo bere anch'io. Dalle dieci fino alle quattro di notte. Per due volte finisco all'ospedale, in fin di vita per intossicazione. Ho solo 24 anni. Guadagno bene, ma l'alcol mi sta divorando. C'è un ragazzo che frequenta il night e mi fa la corte. È piacevole, giovane, ricco. Mi desidera. Le altre, le mie colleghe lo fanno tutte. E allora mi butto. Ma io non sono le "altre". Voglio molto di più. Tre milioni di lire. Lui accetta. Mi passa a prendere con la Ferrari. Mi porta in uno splendido albergo sul mare. Facciamo l'amore. Mi coccola. Mi tratta come una regina. E la mattina, colazione in camera con una rosa sul tavolino. In quel preciso momento nasce Blueangy.
So come dare piacere
Oggi i miei clienti, ma preferisco definirli amici, sono uomini di successo. Industriali, politici, sportivi. Quasi tutti sposati. Gente di classe, detesto la volgarità. Quando stanno con me possono lasciarsi andare, dare voce alle fantasie più segrete. Molti mi definiscono la "la donna ideale". Perché sono ciò che le loro mogli non sono: attenta, premurosa, sensuale, disponibile.
Se qualcuno mi piace (e di solito è così perché ora sono io a scegliere) diventa, sia pure per poco tempo, il mio uomo. E so come trattarlo. Quasi tutti gli uomini sono attratti dal male. E io, nel sesso, so interpretarlo. So portarli a un orgasmo che è davvero una "petite mort", una piccola morte, come dicono i francesi. Ma, subito dopo, divento dolcissima. E allora nasce la complicità. Non amore, certo, ma qualcosa di molto vicino all'affetto. Loro mi chiedono consigli, si fidano di me. Forse tutto sta nell'unire erotismo e quel pizzico di senso materno che, alla fine, qualsiasi uomo cerca in una donna. Giochi strani? A volte. Posso raccontare di un nobile inglese che mi ha portato nel suo castello fuori Londra.
Mi ha presentato perfino sua madre. In camera, frustini, stivali e maschere. Voleva essere sottomesso. Ho accettato, ma chiarendo che non avrei subito alcuna forma di violenza su di me. Posso raccontare di un cliente appena incontrato.
Una sessantina d'anni. Moglie quarantenne. Dormono separati.
«Ti conosco di fama. Ho bisogno del profumo di una donna vera» mi dice al telefono. Siamo usciti, abbiamo chiacchierato, cenato insieme. Ma niente sesso, non ci è riuscito. L'ho consolato. Gli ci vorrà tempo per tornare a una sessualità normale. Ora sono molto richiesta anche dalle coppie. Perversione? Non direi. Semmai, grazie a me, si riaccendono passioni un po' spente. E poi lo vedo: per queste mogli è molto eccitante vedere il loro uomo che mi desidera e poi fa l'amore con loro. Forse io rappresento "il nuovo" che ogni uomo cerca. Ma non esiste tradimento, dal momento che anche la sua compagna è lì con noi. Sì, faccio l'amore anche con le donne. E so toccarle, baciarle come nessun uomo sarebbe capace di fare. Alla fine con queste coppie nascono perfino belle amicizie.
Ora ho tutto, mi manca solo l'amore
In molti mi chiedono: «Ma quando smetterai, Angy?» E io rispondo: «Anche domani se m'innamoro». Finora ho sempre pensato che l'amore sia un fantasma. Evocato, ricercato, desiderato in continuazione. Ma è impossibile afferrarlo, tuffarcisi dentro. Nella mia vita ci sono state solo ombre. Di recente, in un museo, ho visto un quadro seicentesco. Rappresentava una famiglia riunita a tavola. Mi sono commossa. Ho ancora tanti sogni. Come quello di svegliarmi accanto a un uomo che amo e che mi ama. Guardare nostro figlio che dorme. Imbandire una bella tavolata, insieme a Renata, sul prato di una casa immersa nel verde. E intorno tanti cani, tanti gatti. Sopra di noi, solo l'azzurro.
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