|
Sex on line
Nell'era della banda larga, le escort stanno cambiando le regole del mercato delle professioniste del sesso. Il libro "Escort life" ne raccoglie le storie.
Marzo 2008
di Gabriele Ferraresi
Non hanno bisogno di tristi e improvvisati falò lungo le statali. Non si avvicinano al finestrino tremanti, non passano le notti al gelo, non hanno un protettore. Sono le escort, postmoderne regine del meretricio d’alto livello; un mercato esploso negli ultimi anni, insieme al numero di pagine web dedicate al singolare affaire. Basta cercare su Google: se si digita “callgirl”, escono quattro milioni e mezzo di pagine. Se si digita “sigarette” ne escono appena, si fa per dire, un milione e settecentomila.
Esplose nel bel mezzo dell’avvento della banda larga, le escort hanno rivoluzionato a modo loro uno dei concetti cardine della prostituzione classica, passando dall’atteggiamento masochistico della donna che era costretta a vendersi per sopravvivere, magari angariata dal protettore, a un modus vivendi ben più al passo coi tempi. Prettamente narcisistico. Grazia Visconti, giornalista e ideatrice del sito www.grazia.net ha indagato per tre anni nel mondo delle callgirl nostrane ricavandoci un libro, “Escort life” edito da Aliberti. Affondando le mani in un microcosmo sommerso fatto di ragazze bene che si mettono in vendita, tutt’altro che a buon mercato, al miglior offerente. Un sottobosco fatto di forum in cui si recensiscono prestazioni “con cappuccio o senza”, dove gli utenti si lanciano in commenti che sembrano quasi elzeviri hard sulle ragazze affittate per una serata o per un weekend. Tutto molto lontano da quello stereotipo stantìo fatto di camminate notturne in viali poco illuminati e clientela che rappresenta spesso e volentieri il grado zero dell’umanità.
Visibili solo in rete
Non esistono numeri certi riguardo al fenomeno escort, difficile da stimare, nascosto, elusivo, invisibile nel (e al) mondo reale, al contrario della prostituzione classica. Un fenomeno che, au contraire, è perfettamente visibile nella rete: e proprio lì Grazia Visconti ha scovato storie come quella di Ginevra, che sprofondata nel tunnel della depressione, ne è riemersa vendendosi, anche se come racconta «non è che fare la escort sia la panacea per risolvere il male di vivere». Ma almeno ha aiutato Ginevra a ricostruirsi un'autostima e a farla finita con gli psicofarmaci.
Storie come quelle di Martina, una ventitreenne romana incinta al momento dell’incontro con la giornalista, che si spoglia in webcam ormai a tempo pieno. Piuttosto che vicende come quelle di gigolò dai corpi scolpiti che frequentano l’altissima borghesia capitolina, incrociandosi con nobili tutt’altro che decaduti e lo speculare, decadente establishment che ruota intorno ai Palazzi del Potere. Uomini e donne in affitto, a prezzi variabili: per le ragazze si va dai cinquecento euro per un paio d’ore di compagnia, ai mille euro per una serata, per arrivare ai duemila per un intero weekend. Spese di viaggio escluse, s’intende. Gli uomini sono decisamente più a buon mercato, visto che i loro compensi per un incontro oscillano tra 100 e 400 euro. E proprio gli uomini, come Edoardo, un gigolò quarantaduenne di Milano lasciano di stucco quando raccontano a Grazia Visconti cose come «Mi ritengo una persona professionale e non mi piace essere pagato prima. So di dare una cosa vera, non una cosa falsa, quindi non mi interessa avere i soldi prima». Se la persona non è soddisfatta, il nostro non vuole neanche un euro. E la volta dopo, giro gratis: «Mi sono capitate delle volte in cui ho fatto anche cilecca. Raramente. Ho detto alla persona che volevo essere pagato ma che la volta successiva non le avrei chiesto nulla» conclude. Lo stile è stile, c’è poco da fare: e la clientela è soddisfatta.
C’è un filo rosso che parte dalla legge Merlin e arriva fino ad oggi; l’anno è il 1958, e chi di anni oggi ne ha quaranta l’Italia di allora la può solo immaginare. Nella toponomastica le case chiuse sono presenze naturali come il lattaio. «Ci incontravi delle volte anche il gerarca o il prete» racconta Dino Risi, intervistato da Grazia Visconti nelle pagine finali del volume. Anche ai tempi, secondo il cineasta, «Le accompagnatrici c’erano, eccome, anche Hitler quando venne a Roma ne prese una». Solo, non avevano indirizzi web, né forum in cui venivano recensite le loro prestazioni, né qualcuno che dedicasse loro la fatica di farci un libro.
Anonimato e convenienza
Da quel filo rosso, che parte dal 1958, di cose ne succedono parecchie: prima la prostituzione va per le strade, le invade. Lo Stato, nelle intenzioni della senatrice socialista Merlin, doveva smettere di sfruttare le donne: che ben presto sarebbero state sfruttate da figure meno idealtipiche, e ben più concrete, i protettori. E oggi, le cose cambiano di nuovo: con le escort, tutt’altro che sfruttate, che ricevono i clienti nell’appartamento preso in affitto, pubblicando annunci sui maggiori quotidiani nazionali, in nome di un A.A.A. che in questo caso non è il trucco per comparire primi su Secondamano, ma l’acronimo di Anonymous, Access, Affordability. Garanzia dell’anonimato, facile accesso e convenienza, per i non anglofoni.
Quanto sia diffuso il fenomeno lo raccontano benissimo recenti fatti di cronaca, basti pensare a Cosimo Mele, il deputato dell’UDC, che dopo una notte brava con l’accompagnatrice Francesca Zenobi, si è ritrovato in guai epici. E le storie, in fondo sono tutte simili, come questa: «Ho un normale lavoro nel settore informatico, come freelance, e ho iniziato a lavorare come escort nel 1999: per necessità, perché ho una bimba e sono sola. Sono fortunata perché incontro sempre persone giovani e molto belle. Per la donna è comunque più facile fingere, mentre per un uomo...». Mentre per l’uomo, si sa, tutt’altro. E conclude: «I clienti sono magistrati, persone famose, poliziotti, persone di tutti i generi. L’operaio che guadagna mille euro al mese è difficile che ne venga a dare a te cinquecento».
Grazia Visconti
"Escort life"
Aliberti editore, pagine 313, 16.50 euro
Visita il sito del mensile Maxim
| |